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Trieste vista con gli occhi del turista

Trieste dal cielo

Da sempre terra contesa, affascina e meraviglia per il suo carattere aspro ma allo stesso tempo elegante. Scopriamo le sue piazze e i suoi musei con gli occhi del turista.

“La mia anima è a Trieste”, scriveva James Joyce. E molti furono i versi che Umberto Saba spese per la sua città “pensosa e schiva”, allora austro-ungarica.

Trieste ha un passato tormentato, ma fin dai tempi degli antichi romani ha sempre rappresentato un importante e strategico porto oltre che un ponte tra l’Europa occidentale e quella centro-meridionale. Non a caso, ha esercitato un fascino speciale su artisti e scrittori di tutto il mondo, come, appunto, Joyce e Stendhal. E ha gelosamente cresciuto autori come Susanna Tamaro e Italo Svevo.

Dall’altra parte del molo, dietro la piazza si nasconde la chiesa di Santa Maria Maggiore. È uno degli edifici religiosi più importanti della città e l’unico costruito in stile barocco. Una curiosità: all’interno è conservata l’immagine della Madonna della Salute, molto cara ai triestini nel 1849, anno in cui scoppiò un’epidemia di colera. Accanto alla chiesa di Santa Maria Maggiore è anche possibile visitare la piccola Basilica di San Silvestro, in stile romanico.

Proseguendo lungo via della Cattedrale, arriviamo di fronte alla Cattedrale di San Giusto, patrono di Trieste, la cui ricorrenza è il 3 novembre. Si trova sull’omonimo colle che domina la città e della facciata risalta il grande rosone gotico e la lapide sopra la porta, che ricorda il bombardamento austro-inglese del 1813 contro le truppe napoleoniche che si nascondevano nel vicino Castello. Al suo interno spiccano dei bellissimi mosaici gotici. Se il tempo fosse bello, senza nebbia né foschia, potremmo salire sul campanile per gustarci il panorama della città e del golfo.

A sinistra della Cattedrale, invece, si accede al Battistero e al Museo con il Tesoro che conserva anche “l’alabarda di San Sergio” portata a Trieste dai reduci della prima Crociata. Se ci restasse ancora del tempo, sarebbe interessante visitare il Castello di San Giusto, voluto dagli imperatori d’Austria per proteggere e controllare la città.

Scendendo dal Colle e tornando verso la città nuova, colpisce l’anfiteatro romano risalente al I-II secolo d.C.. Ospitava fino a 6mila spettatori. In quel periodo storico, il Teatro Romano si trovava in riva al mare e gli attori potevano sfruttare il meraviglioso scenario naturale.

Non troppo lontano da qui, incontriamo anche l’Arco di Riccardo, struttura costruita all’epoca di Ottaviano Augusto intorno al 33 a.C., alta m. 7,20, larga 5,30 e profonda 2. Non è ben chiaro se fungeva da ingresso alla Tergeste romana o come porta d’accesso a un’area sacra.

Secondo giorno. A 8 km dal centro e affacciato sul golfo con dei bellissimi giardini, incanta con il suo splendore il Castello di Miramare. Giosuè Carducci lo definì “nido d’amore costruito in vano”, perché voluto nel 1850 dall’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo per viverci insieme alla consorte Carlotta del Belgio.

In realtà, però, non divenne mai il nido d’amore della coppia reale perché Massimiliano venne fucilato in Messico. L’Arciduca era un amante della botanica, per questo motivo, il giardino reale – di ben 22 ettari – è ricco di tantissime varietà di piante. Di ritorno da ogni viaggio, portava semi e fiori tipici del posto. Quanto al castello, colpisce il suo stile eclettico poiché unisce elementi gotici, rinascimentali e medievali.

Volendo, possiamo tornare verso il centro città a piedi per gustarci la rilassante passeggiata sul lungomare. Circa a metà tragitto, incontriamo il Faro della Vittoria, monumento commemorativo dedicato ai marinai caduti della Prima Guerra Mondiale. Opera dello scultore Giovanni Mayer, fu inaugurato nel 1927 da Re Vittorio Emanuele III. Infatti, è evidente anche la non troppo celata celebrazione della vittoria italiana contro l’Impero Austro-Ungarico. Sul basamento c’è l’iscrizione creata da Gabriele D’Annunzio “Splendi e ricorda i caduti sul mare”. In alto, si spiega la Vittoria Alata, alta 7 metri, che impugna una corona d’alloro nella mano destra e una fiaccola nella sinistra. Per proteggerla dal forte vento di Bora, è stata progettata con un complesso meccanismo interno che fa “sbattere” le ali in modo da assorbire le raffiche di vento.

Terzo giorno. L’ultima giornata triestina comincia con la visita del museo Revoltella, la galleria d’arte moderna nata dalla volontà del Barone Pasquale Revoltella. Alla sua morte, infatti, donò alla città il suo palazzo con annessa collezione d’arte privata. Il museo non dovrebbe portarci via più di un paio d’ore, dopo le quali possiamo cominciare a dirigerci verso il sontuoso Borgo Teresiano.

Prima però, inevitabilmente, si passa per piazza della Borsa, polo economico del XIX secolo. Spicca il teatro lirico “Giuseppe Verdi”, il Palazzo Tergesteo e il Palazzo della Borsa, detto Borsa Vecchia, che ora ospita la camera di Commercio. Di fronte troviamo la Fontana del Nettuno e la colonna di Leopoldo I d’Austria.

Percorriamo via della Cassa di Risparmio per trovarci di fronte al romantico Canal Grande. Ricorda evidentemente Venezia, perché fu realizzato nel 1754 dal veneziano Matteo Pirona. Il Canale, costruito affinché le imbarcazioni potessero giungere direttamente al centro città per scaricare e caricare merci, nasce dalle saline che vennero per la maggior parte interrate, permettendo lo sviluppo urbanistico della città.

Siamo in pieno Borgo Teresiano, zona costruita verso la metà del XVIII secolo sull’onda del crescente sviluppo commerciale della città.

Proprio là dove ha inizio il Canale, spicca imponente la chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo. E accanto, è possibile visitare anche il Tempio Serbo Ortodosso di San Spiridione. Da non perdere anche San Nicolò dei Greci, dirigendosi verso il lungomare.

Abbiamo ancora del tempo per salire sul bus 8 o 10 e dirigerci verso la Risiera di San Sabba. Dal 1913 al 1943, appunto, è stato uno stabilimento per la pilatura del riso ma, dopo i nazisti lo trasformarono in un campo di prigionia per la deportazione e l’eliminazione di ostaggi, partigiani, detenuti politici ed ebrei. Più di 3.500 persone furono uccise e oltre 8mila furono deportate nei campi di sterminio del Nord Europa.

Il nostro viaggio termina qui, ma se avessimo avuto più giorni a disposizione avremmo potuto visitare anche i dintorni e non avremmo di certo perso la Grotta Gigante, scoperta per puro caso nel 1890. Tra scale ripide si scende fino a 80 metri di profondità, dove è possibile ammirare la Colonna Ruggero, la stalagmite più imponente di circa 12 metri.

Al centro della caverna c’è la stazione di ricerca geofisica dell’Università degli Studi di Trieste per lo studio dei movimenti della crosta terrestre. Da Trieste si può arrivare con un bus, il 42 da piazza Oberdan.

E saremmo, inoltre, riusciti a salire sullo storico tram diretto a Opicina che, sempre da piazza Oberdan, si inerpica sulle alture del Carso fino a 348 metri di altezza, da ben 110 anni (attualmente il servizio risulta sospeso fino a data da destinarsi, ndr). Questo lento percorso offre panorami mozzafiato. Chi vuole passeggiare, può scendere prima del capolinea e farsi gli ultimi tratti in salita: sarà ricompensato con del tipico cibo in una delle tante “Osmize”, trattorie spartane dove i contadini cucinano piatti locali e vendono vino prodotto da loro.

(credits www.repubblica.it)
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