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Trieste, il commercio al dettaglio in perdita del 50%

Siamo a metà dei clienti del periodo normale. Tristissimo il bilancio a quindici giorni dalla riapertura del commercio. Le serrande si erano abbassate su un quarto delle attività. L’ottimismo col quale le saracinesche erano state tirate su due settimane fa, sembra essere svanito fra banconi deserti, negozi semivuoti, tavoli apparecchiati ai quali non si siede nessuno.

Le aspettative del riavvio già non erano elevatissime, ma i risultati sono stati peggiori. Secondo Confcommercio i ricavi sono inferiori al 50 per cento dei tempi normali. Per ristoranti e bar si arriva al 30 per cento, per abbigliamento e calzature si viaggia attorno alla metà.
Manca la fascia anziana, per il timore del contagio; nei bar mancano i lavoratori in smartworking, che non passano più prima di prendere servizio, o per la pausa caffè. Ma soprattutto mancano quelle fasce di popolazione impoverite dal blocco durato quasi tre mesi.
E in una città come Trieste, mancano gli acquirenti d’oltre confine, spiega nel servizio Franco Rigutti di Confcommercio Trieste.

Arrancherà il turismo, che ha già perso i viaggiatori di Pasqua e Pentecoste, e che sulle nostre spiagge trovava in austriaci e tedeschi circa il 40 per cento della clientela. L’82 per cento delle attività ha riaperto i battenti. Ma quante di esse riusciranno restare in piedi con questi incassi? Oltre il 30 per cento di baristi e ristoratori giudica probabile una chiusura definitiva. Intanto già ora una parte dei dipendenti non è tornata al lavoro ed è rimasta in cassa integrazione. E alcuni, più sfortunati, continuano a non percepire nemmeno quella.

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