Questo è l’esito della della Commissione Regionale del Patrimonio Culturale che si è riunita il 3 marzo 2021 presso il Segretariato regionale del Ministero della Cultura per il Friuli Venezia Giulia in Palazzo Economo a Trieste.
I nuovi beni tutelati sono:
- Monumento al Duca d’Aosta e Parete commemorativa ai Caduti del 1° e 4° Stormo Caccia, a Gorizia (GO)
- Chiesa di San Canciano Martire, a Mereto di Tomba (UD), loc. Pantianicco
- Chiesa di San Lorenzo Martire e Campanile, a Manzano (UD), loc. San Lorenzo
- Complesso dell’Opera di San Giuseppe, a Trieste (TS)
- Edificio ex Case Ferrovieri di via Udine n. 73, a Trieste (TS)
- Edificio di via Sant’Ireneo della Croce n. 4, a Trieste (TS)
- Edificio di via Udine n, 12, a Trieste (TS)
Alla seduta, presieduta dal Segretario regionale Roberto Cassanelli, hanno partecipato in qualità di componenti il Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio FVG Simonetta Bonomi, il Soprintendente Archivistico Luca Caburlotto e il Direttore regionale Musei FVG Andreina Contessa.
La Commissione regionale, in particolare, ha espresso soddisfazione per l’esito positivo della verifica del Monumento al Duca d’Aosta e della Parete commemorativa ai Caduti, situati presso l’Aeroporto “Amedeo Duca d’Aosta” di Gorizia. Il provvedimento di tutela va ad affiancare quello già emesso nel settembre 2020 per il sito storico dell’Aeroporto nel suo complesso, con cui le opere commemorative hanno evidente e diretto legame.
La Commissione Regionale Patrimonio Culturale è un organo collegiale con competenze interdisciplinari. È presieduta dal Direttore del Segretariato regionale; gli altri componenti sono il Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, il Soprintendente Archivistico, il Direttore della Direzione regionale Musei.
Coordina e armonizza l’attività di tutela e di valorizzazione nel territorio regionale. Uno dei compiti è verificare e dichiarare l’interesse culturale dei beni e procedere al provvedimento di tutela.
Monumento al Duca d’Aosta e Parete commemorativa ai Caduti del 1° e 4° Stormo Caccia, sito a Gorizia, in via Fratelli Rusjan
I due manufatti, dallo stile essenziale e minimalista, formano un unico complesso commemorativo. Sono posti ai lati della strada statale che corre di fronte all’Aeroporto “Amedeo Duca
D’Aosta”. Progettati dall’ingegnere Paolo Caccia Dominioni, furono inaugurati il 4 novembre 1962 alla presenza del Presidente della Repubblica Antonio Segni e del Ministro della Difesa Giulio Andreotti.
La statua di Amedeo d’Aosta, scolpita in marmo travertino da Vittorio di Cobertaldo, è alta cinque metri e si erge su un vasto basamento sopraelevato, con l’iscrizione “Amedeo di Savoia Duca D’Aosta Generale d’Armata Aerea Medaglia d’Oro al V.M.”. La scultura raffigura il Duca in piedi, in tuta da aviatore, con il casco sotto il braccio e il viso pensieroso rivolto verso l’Africa, luogo della morte. La statua è circondata da 10 cippi che rievocano le imprese militari più significative dell’effigiato.
Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942), militare e aviatore di grande valore e coraggio, apparteneva al ramo Savoia-Aosta della famiglia reale italiana. Dal 1932 al 1937 fu di stanza a Gorizia – con residenza al Castello di Miramare -, quale comandante prima di Stormi e infine di Grandi Unità aeree ivi operanti, legando indissolubilmente la sua figura alla storia dell’aeroporto, che gli fu in seguito intitolato. Lasciò Gorizia per diventare Vicerè in Etiopia. Morì nel 1941 a Nairobi, in Kenia, prigioniero di guerra degli Inglesi.
La Parete commemorativa é lunga circa 35 metri ed è rivestita nella zona centrale con lastre in marmo di Aurisina, sulle quali sono scritti con caratteri di bronzo i nomi degli aviatori caduti.
Sul coronamento è scolpita l’iscrizione “Il Primo e il Quarto Stormo Caccia ricordano i loro caduti”.
I due monumenti furono realizzati su progetto dell’ingegnere Paolo Caccia Dominioni (1896–1992), militare Medaglia d’Oro al Merito, partigiano, ingegnere e scrittore italiano. Svolse un’intensa attività progettistica di sacrari, tra i quali l’Ossario Nazionale Italiano, e cappelle commemorative dei caduti italiani della Seconda guerra mondiale.
Il complesso commemorativo è stato ritenuto degno di tutela per la sua importanza storico-relazionale, a causa del riferimento con la storia politica e militare, oltre che di testimonianza identitaria per il diretto legame con l’Aeroporto (già dichiarato bene culturale nel 2020.), con i reparti militari ivi stanziati e con Amedeo di Savoia Duca d’Aosta.
Chiesa di San Canciano Martire, sito a Mereto di Tomba(UD), località Pantianicco
La chiesa fu costruita in stile neogotico a partire dal 1911 e consacrata nel 1930, nel luogo in precedenza occupato da altre due chiese: la prima “distrutta” dai Turchi nel 1499, la seconda eretta alla fine del Settecento e di cui sopravvivono, inseriti nella costruzione novecentesca, il coro e l’altare maggiore.
Si scelse di intitolare la chiesa a San Canciano Martire, a cui sono attribuiti poteri sull’acqua, per proteggere il paese dalle ripetute esondazioni del vicino torrente Corno.
L’interno dell’edificio attuale è diviso in tre navate, scandite da colonne ioniche, e termina in un’abside poligonale. La facciata esterna è a salienti, con una decorazione ad arcatelle, che continua anche sugli altri lati dell’edificio. Il campanile fu costruito a partire dal 1813.
L’edificazione della chiesa fu sostenuta generosamente dalla comunità di emigrati di Pantianicco in Argentina.
La chiesa è stata tutelata perché presenta un palinsesto secolare di notevole interesse storico-artistico, per il riferimento con la storia locale e per il rischio archeologico in sedime.
Chiesa di San Lorenzo Martire e Campanile, sit aa Manzano(UD), località San Lorenzo
La chiesa, di origine almeno seicentesca, fu rinnovata in stile neoromanico tra il 1889 e il 1906. I lavori di ampliamento e ristrutturazione furono eseguiti su disegno del Parroco di Cassacco, don Angelo Noacco. La fabbrica assunse allora proporzioni simmetriche e fu abbellita da quattro colonne interne che armonizzano perfettamente con lo spazio nel suo insieme. La chiesa fu danneggiata durante i conflitti bellici mondiali. Il progetto di restauro e decorazione della facciata (1946) fu realizzato da due artisti friulani, i pittori Luigi Diamante e Giobatta Aldo Foschiatti.
Il campanile, costruito nel corso dell’Ottocento, è del tipo a torre isolata con cella campanaria e bifore a tutto sesto. Il decreto di tutela ha preso in considerazione gli aspetti architettonici che conserva nell’impianto e nella struttura, la presenza di elementi di epoche diverse che la caratterizzano quale palinsesto secolare di notevole valore storico-artistico, oltre a valutare il rischio archeologico in sedime per il passaggio di un tracciato viario d’epoca romana.
Complesso dell’Opera di San Giuseppe, sito a Trieste, in via dell’Istria n. 61
L’Opera Pia di San Giuseppe venne fondata a Trieste nel 1879 per promuovere l’istituzione di un orfanotrofio femminile. L’ente, già dopo pochi anni, riuscì a individuare e acquistare una proprietà adatta allo scopo, grazie alla generosa donazione della vedova Garofolo: una tenuta padronale, con una parte nobile e vari edifici agricoli minori, situata nel popolare rione di San Giacomo e destinata a diventare la sede dell’Istituto. Immediatamente partì un’intensa attività edilizia, condotta dall’architetto Giusto Catolla, per riadattare e ampliare le preesistenze alla nuova destinazione d’uso. Nel 1889 il complesso fu dotato di una cappella, già trasformata nel 1894 in una chiesa più grande per accogliere la crescente comunità. Il prospetto del tempio, di gusto eclettico, presenta ancor oggi le caratteristiche del progetto iniziale: rivestimento in intonaco a fasce orizzontali, portale di ingresso ad arco a tutto tondo, rosone e coronamento del timpano ad archetti pensili. Il resto del complesso edilizio ha invece subito radicali trasformazioni perdendo le finiture originali. Nel corso del tempo, la struttura ha cambiato non solo denominazione (oggi Opera San Giuseppe) ma anche funzioni: non più orfanotrofio ma studentato, residenza per i genitori dei pazienti dell’Ospedale Burlo Garofalo, scuola.
Solo il portale d’ingresso sulla strada e la chiesa, con gli annessi e gli arredi liturgici e decorativi, – che conservano tuttora tratti storici qualificanti – sono stati riconosciuti meritevoli del provvedimento di tutela, come testimonianze e memorie delle vicende storiche del sito.
Edificio ex Case Ferrovieri di via Udine n. 73, sito a Trieste
L’imponente edificio fu progettato nel 1928, su committenza delle Ferrovie Italiane, per ospitare “case economiche” destinate ai ferrovieri. Insiste in un’area della città che, rimasta rurale fino a metà dell’Ottocento, fu trasformata in pochi anni in un vero e proprio rione urbano a seguito dell’arrivo della strada ferrata, della costruzione della stazione ferroviaria e dello sviluppo del nuovo porto commerciale (l’attuale “porto vecchio”). È in questo contesto di modernizzazione del quartiere che si inserirono interventi di campagna edilizia e previdenziale per far fronte alla necessità di alloggi per i lavoratori.
La facciata dell’immobile è allineata e in aderenza con i fabbricati confinanti. Presenta una impostazione classica, con basamento rustico a bugnato e i piani superiori animati da una vivace alternanza di finestre, mensole, balconcini, lesene e altri elementi decorativi.
La sua storia e la sua monumentalità, oltre al fatto di essersi conservato uguale ai disegni d’archivio, sono le motivazioni alla base del provvedimento di tutela.
Edificio di via Sant’Ireneo della Croce n.4, sito a Trieste
Fu progettato nel 1877 dall’architetto Antonio Somazzi, come edificio di abitazione per la piccola borghesia triestina, in un quartiere – quello di Barriera Nuova – caratterizzato da una forte espansione urbanistica sette-ottocentesca, pianificata per decongestionare la zona sovraffollata di Città Vecchia.
La dimora si sviluppa su sei piani; al piano terra sono previsti fori commerciali. La facciata principale è in stile tardo neoclassico, in continuità con gli edifici adiacenti.
Presenta un basamento in bugnato, alleggerito da importanti e regolari aperture ad arco, decorate con eleganti foglie d’acanto sulle chiavi di volta; i piani superiori sono caratterizzati ,a contrasto, da intonaci lisci.
L’edificio si è di fatto conservato uguale ai disegni d’archivio, in planimetria come in alzato. Le finiture, l’eleganza del disegno della facciata principale e il fatto che essa sia rimasta immutata, così come gli intonaci e le cromie originarie, sono gli elementi che hanno portato a tutelare l’immobile come esempio di particolare interesse per la tipologia e il periodo rappresentati.
Edificio di via Udine n. 12, sito a Trieste
L’edificio, progettato nel 1883, si inserisce nello sviluppo urbanistico che nella seconda metà dell’Ottocento interessò l’area intorno l’attuale Piazza della Libertà, diventata raccordo principale tra il sistema dei trasporti – Porto Franco e nuova Stazione ferroviaria – e il settecentesco Borgo Teresiano in centro città.
Questo e altri due immobili furono progettati e costruiti da Giusto e Francesco Catolla lungo via Tivarnella, a partire da Casa Catolla che affacciava sulla “Piazza della Stazione” fino a chiudere l’isolato su via Udine. Il progetto era unitario sebbene i singoli edifici fossero differenziati per stile e destinazione d’uso. In particolare l’ immobile che affaccia su via Udine fu costruito per essere venduto o affittato. Al piano terra furono previsti locali commerciali, ai piani superiori appartamenti di piccole e medie dimensioni. Lo stile impiegato è quello tardo neoclassico, austero e semplice.
Il decreto di tutela ha tenuto in considerazione il contesto di progettazione più ampio, realizzato dalla stessa proprietà, e che comprende Casa Catolla, già oggetto di tutela.