Il porto di Trieste è suddiviso in cinque aree, corrispondenti ai cinque punti franchi, tre delle quali adibite a fini commerciali:
• Il Punto Franco Vecchio
• Il Punto Franco Nuovo
• Il terminal del legname, detto scalo legnami
le due rimanenti sono utilizzate a scopi industriali:
• Il terminal industriale
• Il terminal petroli che serve l’oleodotto Trieste-Ingolstadt
La storia del porto di Trieste ha inizio nel XVIII secolo a seguito dell’emanazione della patente di porto franco da parte dell’imperatore asburgico Carlo VI, uno status che si è conservato fino ad oggi.
Da allora il porto cominciò ad occupare un posto sempre più di rilievo nel crocevia tra i trasporti marittimi e via terra che sfruttavano il corridoio del Mare Adriatico.
Nella seconda metà del XIX secolo l’importanza del porto triestino continuò ad aumentare grazie all’arrivo del collegamento ferroviario con Vienna e alla costruzione di nuovi complessi (attualmente indicati come Porto vecchio).
Dopo l’apertura, nel 1869, del Canale di Suez ci si rese conto che il porto di Trieste necessitava di un ulteriore ampliamento che si concluse, dopo diverse fermate, verso la metà degli anni venti.
Gli ampliamenti non si fermarono all’inizio del secolo ma continuarono anche durante gli anni sessanta con l’apertura dell’oleodotto transalpino e nei settanta con il completamento del terminal contenitori.
Ai sensi del Trattato di Parigi (1947), al porto franco di Trieste è riconosciuta l’extraterritorialità: dal 1947 vi si accede passando una dogana, appunto in quanto zona “internazionale”.
Il Porto Vecchio
Il legame tra città e porto, legati insieme in un unico processo di sviluppo urbano e storico, diventano evidenti nella zona del Porto Vecchio, con un patrimonio architettonico di grande valore storico e artistico. Il Porto Vecchio, situato nel cuore della città, si estende su una superficie di circa 600.000 m² e rappresenta un gioiello per essere rilanciato attraverso l’individuazione di nuove funzioni.
I capannoni, i più antichi edifici del porto, sono stati eretti seguendo il modello della Lagerhäuser, una parola che si riferisce a quelle parti della città che vengono utilizzati per la movimentazione di merci e comprendono magazzini per lo stoccaggio delle merci, dal loro arrivo in porto alla spedizione e distribuzione.
La classificazione dei magazzini e hangar (inizialmente 38 corpi principali) comprende tre gruppi di edifici:
• edifici ad un piano fuori terra
• due o tre piani fuori terra edifici, con cantine e soffitte, con gallerie che collegano le avanguardie cadaveri e sono supportati da colonnine in ghisa
• edifici di quattro piani fuori terra, con cantine, piano terra e quattro piani superiori con gallerie
I magazzini sono stati inizialmente dotati di gru, ascensori, montacarichi e altre attrezzature di sollevamento utilizzate per il carico e scarico merci. Gli edifici del primo e del secondo gruppo hanno una scalinata (una piattaforma rialzata, circa 1 metro di altezza, utilizzata per eseguire le operazioni di carico e scarico con vagoni), mentre quelli del terzo gruppo, eretti negli anni più recenti (all’inizio del 1900) hanno porte d’ingresso a livello del suolo.
L’architettura di questi edifici monumentali è caratterizzata da linee verticali e orizzontali lungo le facciate. Le linee orizzontali (i marcapiani, per esempio) danno agli edifici un aspetto longitudinale, mentre le linee verticali (lesene e avancorpi) creano interruzioni. Attraverso l’armonizzazione delle linee, gli elementi strutturali acquisiscono un valore architettonico.
L’uso di diversi materiali di finitura, attraverso il lavoro di maestri decoratori e scalpellini, ha fornito a questi edifici una serie di elementi decorativi. Cornicioni, modiglioni, capitelli, basamenti, davanzali producono un effetto che attraverso i colori naturali crea una impressione cromatica uniforme.
Le colonnine in ghisa sono una caratteristica distintiva dei piani terra degli hangar.