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Marmolada, 5 turisti sfidano il divieto di accesso e poi chiedono soccorso

Incredibile. A 22 giorni dalla tragedia, il soccorso alpino di Fassa è dovuto intervenire di nuovo sul ghiacciaio per salvare 5 turisti francesi. Erano saliti dal versante veneto, per la via Don Chisciotte, ancora di libera frequentazione. Ma quasi in vetta e ormai a notte, si sono trovati bloccati dal ghiaccio. A quel punto sono scesi sul ghiacciaio in Trentino, vietato a qualsiasi accesso, e da lì hanno chiesto soccorso. Ora rischiano la denuncia, anche se si sono giustificati dicendo di non avere avuto alcuna notizia del divieto.

ghiacciaio della Marmolada

Erano le 24 di sabato 23 luglio 2022, quando un elicottero del 118 ha dovuto raggiungere dal versante trentino la vetta della Marmolada portando in quota un team di soccorritori alpini esperti. C’erano da recuperare cinque alpinisti di nazionalità francese che, nel tardo pomeriggio di sabato, si sono spinti sulla Via «Don Quixote» (Don Chisciotte), diventata una via classica e tra le più ripetute della parete del versante sud della Marmolada. La via, priva di divieti in quanto considerata non pericolosa da affrontare anche in questo periodo di caldo anomalo, è quindi stata presa senza problemi, unico neo: l’orario forse eccessivamente ritardato di partenza. I cinque amici, infatti, ad un certo punto della via, si sono ritrovati bloccati dal ghiaccio vivo che impediva loro di proseguire ma anche di tentare una discesa in sicurezza. Finendo per girare sul versante nord, quello interdetto a qualsiasi frequentazione sia per il pericolo di nuovi crolli, che per non interferire con le operazioni di ricerca ancora in corso. A quel punto, poco prima della mezzanotte, non hanno trovato altra soluzione che chiamare in emergenza il soccorso alpino d’Alta Fassa. Che a quel punto, davanti all’evidenza di persone in pericolo di vita, ha agito come farebbe qualsiasi soccorritore. Prima le persone si salvano, poi semmai si chiede loro conto di quello che stavano facendo.

«L’intervento è durato diverse ore, da mezzanotte con la chiamata del 118 fino alle 2.40 circa, a soccorso effettivo concluso. I cinque turisti si sono poi detti “ignari” del divieto di frequentazione del ghiacciaio in territorio Trentino. Informazione che potrebbe anche essere parzialmente corretta in quanto il versante sud della Marmolada non è precluso alla frequentazione alpinistica e imbocca una via che porta a scendere solo per circa un centinaio di metri sul ghiacciaio, in un’area non considerata particolarmente pericolosa. Se la via non è chiusa ma passa dove non potrebbe, forse la responsabilità è anche di un difetto di coordinamento tra le autorità di sicurezza: i Comuni, in questo caso. Comunque chi sale dalla Don Chisciotte ridiscende poi fino a imboccare il sentiero o l’impianto a fune che conducono fino a Malga Ciapela», racconta il capo del soccorso alpino d’Alta Fassa Stefano Cotter. «Quest’anno, essendoci pochissima neve, sulla pista da sci “innevata” si è formato ghiaccio puro, e loro, presi alla sprovvista, non erano attrezzati e muniti di ramponi per affrontare questo tipo di discesa. C’è un divieto di transito sul ghiacciaio, ma la Don Chisciotte non viene interessata dal ghiacciaio stesso perché di suo passerebbe solo molto vicino, senza attraversarlo. Comunque i cinque turisti non erano in una zona pericolosa o esposta».

Solo un grande spavento dunque per mancanza di informazioni, ma che allarma sempre e comunque, soprattutto dopo la tragedia verificatasi in Marmolada lo scorso 3 luglio, dove hanno perso la vita undici persone. «La via Don Chisciotte, come diverse vie in Dolomiti, è una via di mille metri di lunghezza, e si presume che i cinque amici si siano attardati arrivando al punto del ghiacciaio ormai a notte fonda. In realtà in quel tratto ci sono anche le corde doppie per scendere, ma non è stato sufficiente», continua Cotter. Scongiurata anche la possibilità di aver messo in pericolo gli uomini del soccorso, come rimarca il comandante Stefano Cotter: «Eravamo da tutt’altra parte del ghiacciaio, anche se nell’andare in montagna e fare soccorso non esiste il “rischio zero”, abbiamo comunque fatto tutto in sicurezza, li abbiamo legati e recuperati scendendo 50 metri».

Discorso diverso per le aree per le quali, con un’ordinanza del sindaco Giovanni Bernard, è stato stabilito il divieto di accesso. Sono limitazioni imposte a causa dell’emergenza, comunicate con una specifica segnaletica e traduzione multilingue. Mirano a salvaguardare la sicurezza degli stessi alpinisti, ma anche quella di chi si trova a operare sul ghiacciaio per la ricerca e il recupero di materiali sulla frana del 3 luglio. Sul posto c’è anche una cartina che segnala inequivocabile la zona off limits: l’area in prossimità di Villetta Maria sentiero E618-E619; prossimità rifugio Dolomia sentiero E618-Altavia n. 2-E606; Piazzale Cima Undici sentiero E618-Altavia n. 2- E606; Val Contrin da Forcella Marmolada 602-602A; pista da sci denominata «Sas de Mul- Fedaia». Adesso si tratta di capire se gli alpinisti francesi verranno denunciati. L’ordinanza di divieto è stata disattesa, questo è il punto centrale. Ci sarà voglia di usare il pugno duro? «Stiamo valutando — diceva il sindaco Bernard — se il loro comportamento si possa considerare violazione o meno. Decideremo nei prossimi giorni».

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