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La storia del batiscafo Trieste e l’esplorazione degli abissi

Il batiscafo è un apparecchio sommergibile atto a immergersi a grandi profondità per esplorare le fosse oceaniche. Questo speciale scafo, ideato dal fisico svizzero Auguste Piccard, trasferitosi a Trieste, differisce sostanzialrnente dalla batisfera usata dagli americani William Beebe e Otis Barton fra il 1930 e il 1948 per immersioni fino a 1360 metri

barimetria

Barimetria dell’Oceano Pacifico lungo il Tropico del Capricorno e sue immediate vicinanze. Il grafico è stato dedott dai più recenti rilievi, ma in alcune zone lontane da terre emerse gli scandagli sono radi sicchè le profondità riportate hanno valore indicativo. Nella sezione inferiore, la vista in pianta ha lo scopo di dare un’idea dell’andamento dei fondali in una fascia di 15°, di cui il Tropico costituisce l’asse mediano.

La batisfera è costituita da una sfera di acciaio fuso, sospesa alla nave-appoggio mediante un cavo collegato ad un argano che provvede a farla scendere e risalire. Questa sospensione presenta, fra l’altro, l’inconveniente di vincolare la sfera ad una nave i cui movimenti, in caso di mare agitato, possono dar luogo a pericolose tensioni del cavo e ad oscillazioni verticali della sfera. Per rendere l’apparecchio completamente autonomo Piccard pensò di ricorrere a un sistema idrostatico: si trattava di ottenere la spinta — necessaria a equilibrare il peso dell’intero batiscafo e a consentirne la risalita — valendosi di un serbatoio pieno di un liquido più leggero dell’acqua e, per sua natura, molto meno compressibile di un gas.

schema batiscafo Trieste

Sopra, uno spaccato dal batiscafo Trieste, disceso nel 1960 a 10.915 m nell’Oceano Pacifico. Sotto, uno spaccato e una veduta in emersione del batiscafo, disceso nel 1962 a 9500 m nell’Oceano Pacifico: 1) elica per piccoli spostamenti verticali, 2) immissione carburante, 3) quartiere del boccaporto, 4) pozzo per l’alloggiamento di materiale scientifico, 5) solcometro, 6) protezione poppiera, 7) elica di propulsione, 8) camera di immersione poppiera, 9) elica di direzione, 10) motore elettrico, 11) accumulatori da 110 Volts, 12) alettone stabilizzatore, 13) sonda per graniglia, 14) silo per la zavorra, 15) serbatoio carburante, 16) portello di accesso all’abitacolo, 17) aria compressa, 18) radiotelefono, 19) accumulatori da 24 Volts, 20) sonda, 21) oblò, 22) dispositivo per il prelievo di materiale di saggio, 23) ponte mobile con benna a bilico, 24) protezione prodiera, 25) serbatoio carburante, 26) rivelatore d’ostacoli 27) gancio di rimorchio, 28) camera di immersione prodiera, 29) boccaporto d’accesso, 30) torretta, 31) indicatori di profondità, 32) manometro, 33) accumulatori da 24 Volts, 34) oblò.

legenda spaccato batiscafo Trieste

L’uso di un liquido permise di realizzare uno scafo poco resistente e quindi poco pesante, in modo che soltanto il piccolo abitacolo, costituito dalla sfera, dovesse resistere alle formidabili pressioni che si hanno alle grandi profondità. Per sopportare con sicurezza tali pressioni la sfera del Trieste I — l’ultimo tipo di batiscafo realizzato da Piccard, in seguito parzialmente modificato dalla marina statunitense (Trieste H) — fu costruita in acciaio fucinato anzichè semplicemente fuso. L’abitacolo ha il diametro interno di 2 m, con spessore di parete di 9 cm, salvo che in corrispondenza dell’oblò principale e della porta dove le pareti sono spesse 15 cm. Oltre che delle apparecchiature necessarie per controllare il comportamento del batiscafo durante l’immersione e l’emersione, per rilevare la pressione, per fornire l’energia elettrica, ecc., l’abitacolo è dotato di un impianto per la rigenerazione dell’aria e per l’illuminazione esterna di osservazione. Il galleggiante è costituito da un cilindro comprendente 12 compartimenti destinati a contenere il liquido (benzina) che fornisce la spinta voluta. L’alleggerimento del batiscafo, per diminuirne eventualmente la velocità di discesa o per avviarne la risalita, è ottenuto mediante lo scarico regolabile di zavorra, pesante complessivamente 9 t, costituita da granelli di ferro e contenuta in due serbatoi del galleggiante. Dopo varie immersioni, iniziatesi nel Tirreno durante íl 1953, il 23 gennaio 1960 il Trieste II, condotto da Jacques Piccard, figlio dell’ideatore, e dall’americano Donald Walsh, stabilì il record di profondità raggiungendo nell’abisso di Vitjaz, al largo di Guam, gli 11.022 m. Per ovviare all’ingombro e alla scarsa mobilità del batiscafo tradizionale si è profilata più di recente la tendenza all’impiego di sommergibili di struttura particolarmente resistente, e quindi adatti all’esplorazione profonda senza l’adozione di sistemi particolari di galleggiamento e di zavorraggio, ma facilmente manovrabili e dotati di buona potenza propulsiva.


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