Trieste, una città con pochi credenti, pochissimi praticanti e perlopiù insensibile (quando non avversa) al clero e i suoi vertici. E proprio in questa città abbiamo vissuto l’evento più grandioso degli ultimi 20 anni, la visita di Papa Francesco in occasione della Settimana Sociale dei Cattolici in Italia
Le autorità e in primis i politici locali hanno manifestato la loro gioia, più per l’effetto mediatico dell’evento (porta una notevole visibilità) che per le parole del Santo Padre; parole dure come macigni, specie contro quella classe politica che vive di autoreferenzialità, dimenticando i bisogni reali della gente. Si è scagliato contro il populismo, nemico della democrazia, contro l’assistenzialismo ipocrita, e ha lamentato la scarsa partecipazione alle urne. “La democrazia non gode di buona salute”, avverte Bergoglio, e chiede progettualità per poter condividere con i cittadini un percorso fatto di concretezza. E aggiunge “l’indifferenza è un cancro della democrazia mentre la Costituzione rappresenta la bussola”. È importante – sottolinea – non lasciare indietro ma aiutare i deboli e gli emarginati: “Non possiamo accontentarci di una fede marginale, o privata. Ciò significa non tanto pretendere di essere ascoltati, ma soprattutto avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico. Abbiamo qualcosa da dire, ma non per difendere privilegi. Dobbiamo essere voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce. Tanti, tanti non hanno voce”
Nei social, invece, come da tradizione, dilagano i commenti più caustici, di chi non apprezza (è un eufemismo) la visita a Trieste del Papa, mentre si avverte pelopiù indifferenza o semplice curiosità. I veri “fan”, stanno altrove e hanno il cappellino.