In un articolo del Wall Street Journal di lunedi 6 aprile, due studiosi della Casa d’Austria – il texano Aaron Wess Mitchell, già Segretario assistente di Stato per gli Affari Europei ed Eurasiatici degli USA, autore del libro “The Grand Strategy of the Habsburg Empire”, e Charles Ingrao, Professore emerito di Storia alla Purdue University dell’Indiana ed autore del volume “The Habsburg Monarchy 1618-1815” – ci spiegano come per combattere il coronavirus basta fare riferimento alle misure di contenimento già messe in atto dagli Asburgo, con particolare riferimento alla quarantena, uno dei sistemi di maggior successo della quale erano stati creati dall’Imperatore Giuseppe I.
Nel 1710 il saggio Sovrano decise di bloccare la diffusione cronica di malattie dai Balcani, creando una sorta di “cordone sanitario” continuo lungo la frontiera meridionale della Monarchia asburgica con l’Impero ottomano.
Va chiarito che questa sua azione non è riuscita a salvarlo, poiché egli morì di vaiolo, nell’aprile del 1711, dopo essersi trattenuto con il suo Primo Ministro, ignaro del fatto che la figlia di lui avesse appena contratto la malattia.
Nessuno allora sapeva molto sul “distanziamento sociale”, tuttavia il cordone sanitario dell’Impero gli sopravvisse di un secolo e mezzo.
Il sistema creato da Giuseppe I, aveva infatti diversi punti di forza. In un’epoca in cui la maggior parte dei confini internazionali era definita solo da giurisdizioni feudali sovrapposte, la frontiera asburgica-ottomana era una linea visibilmente delineata di migliaia di miglia, fiumi, cime montuose e cippi di frontiera pubblicati da una commissione bilaterale di pace. Si trattava di una ampia zona strettamente militare con ampie fortezze e guarnigioni, che non solo difendevano dalle incursioni turche, ma fungevano anche da dogane che imponevano dazi e da posti di prima accoglienza per i rifugiati cristiani in fuga dal dominio turco.
A metà del XVIII secolo, in pratica, il lungo confine con l’Impero ottomano era punteggiato da 19 valichi di frontiera, e veniva scrupolosamente sorvegliato grazie alle circa 2.000 torri di guardia che sorgevano ogni mezzo miglio.
Ogni valico di confine era dotato di strutture adeguate che ospitavano e isolavano tutti coloro che lo attraversavano per almeno 21 giorni e soltanto trascorse tre settimane, appunto, veniva concesso il passaporto per entrare nei territori dell’Impero asburgico.
I locali venivano disinfettati quotidianamente con zolfo ed aceto, mentre il commercio delle merci veniva regolato sulla base dell’andamento degli eventuali contagi dovuti alle malattie infettive.
E, a gestire tutta questa situazione, vi era una vera e propria intelligence che aveva degli Agenti speciali – così potremmo chiamarli – che soggiornavano nei territori ottomani e che avevano il compito di fornire periodicamente informazioni puntuali su eventuali pandemie in corso, in modo da stabilire ai valichi di confine i tempi di quarantena oppure, come accadde spesso, sospenderli del tutto.