Triestini, popolo di ribelli. Nella nostra città i vari avvisi che mettono in guardia dalle “calamità”, quali per esempio i valori alti di Ozono, le temperature eccessive, l’inquinamento, trombe d’aria e quant’altro, non sortiscono alcun effetto. Chi doveva uscire nelle ore più torride esce ugualmente, chi deve usare l’automobile la usa anche se il traffico, polveri sottili e CO2 dovessero essere alle stelle. Un allarme “temporale fortissimo” non cambia l’umore della gente finché il sole la fa da padrone. Perfino la raccomandazione di bere molto per evitare una facile disidratazione viene inascoltata, a meno che non si sostituisca l’acqua con bevande fermentate (magari luppolate). Ma i triestini dono davvero così recalcitranti? Non proprio. Diciamo che, chiunque approdi al nostro territorio, è destinato a diventare una persona più libera – almeno si sentirà così. In virtù di qualche strano sortilegio, Trieste incanta tutti, affascina il turista e il viaggiatore occasionale, facilita la creazione di preziose endorfine senza tener conto della stagione. Questo incanto, però innesca un pericoloso contagio che muta irreversibilmente il dna verso un nuovo vivere,
fregandosene delle regole e degli avvisi. Perfino nelll’infausto periodo covid, i vari provvedimenti venivano sentiti come una sorta di imposizione dittatoriale, mentre erano veramente pochi quelli che credevano nell’efficacia delle mascherine, tamponi, distanza sociale, seduti al bar e poi solo in piedi ecc. Le istituzioni godono da sempre di una bassa credibilità, così come la metereologia, la scienza, la durata dei cantieri e la ventilata creazione di nuovi parcheggi. L’unica certezza è, e sarà per sempre, il “toch” a Barcola.
