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Associazione culturale L’Officina

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Dopo aver svolto già alcuni anni di attività, l’Associazione culturale L’Officina si costituisce ufficialmente nel 1981 prendendo il testimone (e per diversi anni la sede di via Torrebianca 41) dall’associazione La Cantina, sodalizio culturale triestino con interesse prevalente nel teatro sperimentale. Figure chiave di questo passaggio di consegne furono Alma Dorfles e Franco Jesurun. Tra i fondatori è Ugo Rosenholz, primo presidente del sodalizio, poi avvicendato alla guida dell’associazione dallo stesso Jesurun, da Giuliana Carbi e da Alma Dorfles.
Le finalità di promozione culturale dell’Officina vengono svolte attraverso un’intensa attività di conferenze, convegni, mostre, opere editoriali, presentazioni di libri e rassegne nei campi dell’architettura, dell’arte contemporanea, della storia delle avanguardie, del cinema, della musica, del teatro e della letteratura. Molta parte del lavoro, che si concretizza in mostre e pubblicazioni e sfocia anche in importanti collaborazioni con istituzioni pubbliche cittadine (da citare almeno la prolungata collaborazione con il Museo Teatrale Carlo Schmidl), affronta anche ricerche storiche inedite su autori e monumenti che sono stati importanti in sede locale. Tra queste merita ricordare le iniziative sulle farmacie triestine tra Settecento e Ottocento (1985); sull’architettura triestina nella metà dell’Ottocento(1986), definita in occasione della ricerca “Gotico Quadrato” e poi esposta anche a Linz (1996); sul sodalizio teatrale La Cantina (2002).

Rilevanti studi nel campo della letteratura regionale sono stati affrontati su molti autori ed in particolare sulle figure di Ennio Emili (1993), di Paolo Universo (2003) e di Sergio Miniussi, anche tramite una collana editoriale di mini-libri di inediti molto apprezzata. Di quest’ultimo autore L’Officina si è molto occupata. Curando dal 1995 la sezione ricerca e documentazione del comitato Trieste Contemporanea di cui è membro fondatore, L’Officina ha fatto acquisire l’archivio romano dello scrittore, dedicando una prima retrospettiva multidisciplinare al Miniussi nel 2002, occasione nella quale è stato riedita la raccolta poetica “La gioia è dura”, e poi un convegno (2007) nella sua città natale, Monfalcone, e infine donando all’Archivio di Stato il fondo Miniussi, ricco di inediti, corrispondenza e documenti storici e dichiarato dal Ministero ai Beni Culturale di interesse storico (2008).

Spesso le rassegne organizzate dall’Officina sono multidisciplinari. E’ questo il taglio, ad esempio, di “Il segreto professionale. Omaggio a Jean Cocteau” (1987) grazie al quale si mostrarono tutti i film, si parlò di letteratura e di teatro, si ascoltarono diversi concerti di Debussy, Satie e del Gruppo dei Sei, ma per la sezione musicale anche si scoprirono due canzoni inedite dell’autore francese. Pur mantenendo la finalità primaria di divulgazione culturale, interviene in varie attività un forte specialismo che produce ad esempio, a margine dell’iniziativa su Toti Dal Monte a palazzo Costanzi che comprendeva uno straordinario programma di audizioni da vinili originali (1983, poi anche esposta al Teatro dell’Opera di Budapest nel 1996), l’esito di far rivalutare a livello nazionale la figura tenorile del marito Enzo de Muro Lomanto.

L’Officina, grazie soprattutto a Marco Pozzetto, si è fatta promotrice di importanti approfondimenti sull’architettura proponendo iniziative come l’omaggio a Joze Plecnik del 1983, la indimenticabile mostra dei progetti di Alberto Sartoris del 1984, la mostra su Ottorino Aloisio del 1985 e quella su Romano Boico del 1987, fino alla promozione della pubblicazione della monografia di Marco Pozzetto su “Giovanni, Ruggero, Arduino Berlam. Un secolo di architettura” da parte di Trieste Contemporanea (1999).

Il settore cinematografico è stato indagato sin dalle sue primissime manifestazioni con l’aiuto di Carlo Montanaro. Nel corso degli anni si è visto tutto il pre-cinema e la straordinaria relazione delle avanguardie storiche con l’immagine in movimento, in un numero di eventi che hanno riscosso un grande consenso di pubblico, a cominciare dalla prima rappresentazione delle Lanterne Magiche al ridotto del Verdi a cura di Laura Minici Zotti (1988), o la complessa operazione “Dal teatro al cinema: Georges Méliès” per la quale fu anche ricostruita una scenografia cinematografica a soggetto marino (1988), passando per gli omaggi a Francesco Pasinetti (1985), a Man Ray (1986), al citato Cocteau (1987), con incursione nelle relazioni del cinema con i fumetti e con la fotografia, arrivando fino al cinema underground americano di Maya Deren (1991).
Le curiosità da segnalare nella sezione teatrale sono gli esordi di Paolo Rossi, assieme a Lucia Vasini (1981) e la prima volta di Moni Ovadia a Trieste (1989).

Innumerevoli le mostre e gli incontri sull’arte contemporanea e con gli artisti – l’attività maggiore del sodalizio: dall’iniziale “L’arte per la televisione” (1981), il primo appuntamento assoluto con la video arte a Trieste, o la prima mostra di arte contemporanea nella città di Udine, “Arte all’Aria” (1982), proseguendo con le splendide mostre di Irma Blank (1983) e di Giorgio Colombani e Sergio Zanni (1984) nella sede di via Torrebianca. Innumerevoli anche i critici e gli studiosi delle varie discipline che sono arrivati a Trieste grazie all’Officina. Tra di essi merita almeno ricordare Filiberto Menna, Rossana Bossaglia, Francis Ames-Lewis, Friedrich Teja Bach e Gillo Dorfles, più volte coinvolto nelle attività dell’associazione .
Tra le ultime iniziative è il progetto “Brainwork”, finestra dove artisti e curatori raccontano non tanto quanto hanno già fatto, ma i loro “lavori in corso”, come è stato chiesto di fare all’auditorium del Revoltella a Francesco Bonami (2003) quando stava preparando la sua edizione della Biennale di Venezia o a artisti e curatori internazionali nella tavola rotonda “Fuori dal West” del 2005.

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