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Armi e trofei di cervo in chiesa a Muggia, animalisti insorgono

Il Partito Animalista del Friuli Venezia Giulia, intende manifestare la proprio contrarietà, in merito all’evento tenutosi di recente a Muggia, nel Duomo di San Giovanni e Paolo. Ecco la nota:


All’evento di novembre hanno partecipato cacciatori di varie Associazioni, anche straniere, nella giornata di San Umberto protettore dei cacciatori, sostenute dal Vescovo di Trieste e dagli attuali sindaci di Trieste e di Muggia i signori Roberto Dipiazza e Paolo Polidori.

Oltre a ricordare che l’attività venatoria crea danni, non solo agli animali mirati, ma a quelli colpiti fatalmente e quelli coinvolti indirettamente in altri modi, tale comunicato vuole evidenziare il modo in cui sia stato celebrato il rito.

Nelle poche righe iniziali, si può già comprendere il disappunto del PAI e di tutti coloro che lottano contro l’attività venatorie. Molteplici sono i punti da contestare come ad esempio, il devastante disturbo biologico che quest’attività crea su tutte le specie e i loro ritmi di vita.

Per noi non è ammissibile che il Vescovo offra una chiesa della sua diocesi, consentendo l’esposizione di un trofeo di cervo, proprio sopra dove si celebra il memoriale del sacrificio di Gesù e che permetta l’ingresso di armi in un luogo sacro.

Nondimeno è ammissibile che un primo cittadino promuova una tale controproducente attività nei riguardi di un meraviglioso habitat che circonda il capoluogo, strettamente collegato al turismo e alla promozione di una natura meravigliosamente unica nel suo genere.

L’etica del mondo venatorio va in contraddizione con il benessere degli animali,esseri senzienti,come specificato anche dalla giurisprudenza che definisce “essere senziente un essere dotato della capacità di sensazione e che presuppone una serie di tutele e di prerogative.”

Nel corso della storia, purtroppo, l’uomo si è comportato (e si comporta ancora oggi) da padrone dispotico e irresponsabile. «Gli animali sono creature di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2416) è una delle tante indiscutibili affermazioni che conduce a comprendere che gli animali sono esseri viventi che interpellano la responsabilità umana.

Per questo motivo, il magistero della Chiesa ha il compito di formare le coscienze, perché sappiano distinguere tra bene/male, giusto/ingiusto e non promuovere e sostenere eventi di morte.

Questi duri anni di pandemia, reclusione e restrizione, dovrebbero averci fatto riscoprire il valore della natura, della sua biodiversità e della tutela che noi, esseri umani, abbiamo il dovere di preservare, anziché distruggere, abusare e umiliare.

Assistere ad un evento, che ad oggi non ha e non può avere lo stesso valore di secoli fa, manifestato con fierezza, non è un fatto a cui soprassedere in silenzio.

La leggenda narra che San Umberto durante una battuta di caccia avrebbe avuto la visione di un crocefisso tra i palchi di un cervo, a seguito della quale avrebbe abbandonato la sua vita dissoluta, convertendosi al cattolicesimo, e, curiosamente, eliminando l’attività di caccia dalle sue abitudini.

Che l’esempio di San Umberto possa veramente entrare nel cuore di ogni cacciatore cambiando il proprio modo di vivere e discernere da ciò che è giusto o sbagliato.

Sueyen Trevisan
Coordinamento PAI FVG

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