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A San Giacomo associazione Auser parla del traffico di armi nei porti

Ad agosto scatta il 75° anniversario delle bombe atomiche sganciate a Hiroshima e Nagasaki e a Trieste, nella sede Auser di via Frausin 17 è stata organizzata una tavola rotonda con lo slogan “Per i porti senza armi” dal Comitato per la pace e la solidarietà Danilo Dolci, in collaborazione con altre organizzazioni umanitarie, tra cui Weapon watch, che monitora la possibile presenza di armi nei porti europei e cerca di impedire la sua esportazione in paesi in cui le guerre infuriano e i diritti umani sono sistematicamente violati.

“I paesi occidentali producono la maggior parte delle armi del mondo, con Stati Uniti, Cina, Russia e Canada all’avanguardia. L’Italia è uno dei primi dieci paesi al mondo “, ha dichiarato Carlo Tombola, coordinatore della Weapon Watch, descrivendo il lavoro dell’organizzazione umanitaria, che si è formata nel febbraio di quest’anno, quando gli attivisti per la pace hanno intercettato la nave Bahri Yanbu nel porto di Genova. Quest’ultima voleva trasportare una caterva di armi ed esplosivi in ​​Arabia Saudita per la guerra in Yemen, che è in chiara contraddizione con la legge italiana 185/90, che vieta l’esportazione di armi in paesi che, come l’Arabia Saudita in Yemen, non rispettano i diritti umani. L’operazione fu quindi sostenuta all’unanimità in Liguria dalle amministrazioni provinciali e municipali, e sfortunatamente la nave caricò successivamente le armi a Venezia.

“La nostra organizzazione, che opera a livello internazionale, sta cercando di tenere traccia dei movimenti di armi nei porti europei. È spesso ostacolata dal segreto militare del carico, ma è importante che gli attivisti rimangano in contatto l’uno con l’altro, poiché la comunicazione tra diversi porti in Europa è fondamentale “, ha spiegato Tombola, sottolineando il fatto che fino a 350 fabbriche italiane sono coinvolte nella produzione militare con attrezzature e tecnologia: tra cui Leonardo, il cui proprietario di maggioranza è il Ministero dell’Economia, e il cantiere navale di Trieste Fincantieri, che ha spostato la produzione alla costruzione di navi da guerra (sarà reso pubblico un elenco più lungo di tali compagnie).

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